Articolo sulla natura giuridica degli aiuti comunitari all’agricoltura

Articolo sulla natura giuridica degli aiuti comunitari all’agricoltura

pubblicato su rivista DGA in commento a due lodi arbitrali che hanno condannato AGEA a pagare un importo complessivo superiore ai 300 mila euro in favore di 4 aziende agricole assistite dallo Studio Legale Scoccini & Associati

di Riccardo Badia, pubblicato in Rivista di Diritto e Giurisprudenza Agraria, Alimentare e dell’ambiente (DGA – numero speciale 2015)

Con i due lodi consecutivi in commento, l’Arbitro capitolino – collegiale nel primo caso ed unico nel secondo – si pronuncia sulla nota questione della natura giuridica degli aiuti all’agricoltura previsti dalla normativa comunitaria la cui erogazione è demandata agli organismi pagatori nazionali, quali l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura in Italia.

In breve la vicenda: con separate domande di accesso all’arbitrato amministrato presso la Camera Arbitrale Nazionale in Agricoltura, quattro aziende agricole convengono l’AGEA in sede arbitrale, in forza della clausola compromissoria prevista e sottoscritta in calce alle domande di aiuto alla zootecnia, al fine di ottenere il pagamento dei premi previsti nel settore dall’abrogato regolamento (CE) n. 1254/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 e non corrisposti. L’AGEA si costituisce in entrambi i procedimenti eccependo il difetto di giurisdizione del giudicante sulla premessa che l’oggetto della controversia attenesse ad interessi legittimi e come tali non compromettibili in arbitri.

Gli arbitri respingono l’eccezione facendo ampia applicazione di principi generali ripetutamente affermati dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale in tema di distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, confermando, al contrario, la natura di diritti soggettivi pieni delle pretese azionate dalle aziende agricole.

Nel nostro ordinamento la situazione giuridica di interesse legittimo ricorre laddove al soggetto sia riconosciuta una posizione di vantaggio rispetto ad un bene oggetto di potere amministrativo consistente nella possibilità di controllare ed influire sul corretto esercizio di tale potere in funzione del conseguimento del bene; la situazione giuridica di diritto soggettivo, invece, si rinviene allorquando al soggetto sia riconosciuta dall’ordinamento una posizione di vantaggio rispetto ad un bene che si concreta nella possibilità di esercitare poteri e facoltà atti a realizzare in modo pieno ed immediato l’interesse al bene. La differenza tra le due situazioni giuridiche soggettive è qualitativa atteso che nella prima (interesse legittimo) l’interesse al bene della vita non può realizzarsi se non a seguito dell’esercizio di un potere amministrativo, e dunque solo attraverso la mediazione di un provvedimento amministrativo, mentre nella seconda (diritto soggettivo) l’interesse si realizza sempre con l’esercizio pieno e diretto da parte del titolare di poteri e facoltà vari senza che vi sia necessità di ulteriori riconoscimenti.

Nei rapporti con la p.a., al soggetto è riconosciuta una posizione di diritto soggettivo tutte le volte in cui quest’ultima nello svolgimento della sua attività non esercita alcun potere autoritativo, non potendo incidere discrezionalmente, in funzione della tutela di un prevalente interesse pubblico, sull’an ed il quomodo della pretesa soggettiva ([1]).

La distinzione tra le situazioni giuridiche soggettive riconosciute dal nostro ordinamento nei rapporti con la pubblica amministrazione si riflette sul riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo.

Con specifico riguardo al tema dei contributi pubblici e degli aiuti comunitari, nel corso degli anni si è consolidato un orientamento giurisprudenziale, sia dei giudici amministrativi che della Suprema Corte, secondo il quale ai fini del riparto della giurisdizione occorre distinguere la fase procedimentale di valutazione della domanda di concessione nella quale la legge attribuisce alla pubblica amministrazione il potere di riconoscere il beneficio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all’interesse pubblico primario, con apprezzamento discrezionale dell’an, del quid e del quomodo dell’erogazione e, pertanto, la posizione del richiedente è di interesse legittimo, da quella successiva alla concessione del contributo, in cui il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto come tale tutelabile avanti al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione. Sempre la medesima giurisprudenza, precisa che, nelle ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge e alla pubblica amministrazione è demandato esclusivamente il controllo in ordine alla sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa, il privato è titolare immediatamente di una situazione giuridica di diritto soggettivo pieno anche nella fase procedimentale dell’attribuzione del beneficio ([2]).

Secondo i principi richiamati, gli arbitri al fine di apprezzare la natura della situazione giuridica soggettiva vantata dagli attori nei confronti dell’organismo pagatore, in funzione della ripartizione della giurisdizione, hanno esaminato la normativa comunitaria, che prevede e disciplina i premi dedotti in giudizio riguardanti l’allevamento dei bovini maschi e la macellazione degli stessi, i premi supplementari collegati all’adozione di alcuni disciplinari e metodi di allevamento nonché al coefficiente di densità del medesimo allevamento richiedente ed alla permanenza in stalla del bovino allevato, di cui al regolamento (CE) n. 1254/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999.

La normativa comunitaria applicabile al settore in esame disciplina in modo tanto dettagliato sia i requisiti soggettivi che oggettivi per fruire dei vari premi da non lasciare alcuno spazio all’organismo pagatore per l’esercizio di un potere autoritativo discrezionale, in merito alla corrispondenza o meno all’interesse pubblico comunitario dell’erogazione del beneficio.

Coerentemente gli arbitri giungono alla conclusione che la posizione soggettiva degli attori , indubitabilmente di diritto soggettivo, attribuita direttamente dal regolamento comunitario, sorge immediatamente e direttamente dalla legislazione comunitaria con la conseguenza che anche nella fase procedimentale volta alla verifica dei presupposti per la erogazione, il richiedente vanta nei confronti della AGEA un diritto pieno.

Tale ricostruzione, aggiungiamo, trova conferma nella normativa comunitaria in materia di sistema integrato di gestione e controllo dettata dai regolamenti (CE) n. 3508/1992 del Consiglio del 27 novembre 1992 e n. 3887/1992 della Commissione del 23 dicembre 1992 che nell’ambito del finanziamento della politica agricola comune, fissa, poi, regole puntuali, applicabili a tutti i regimi di aiuto, per la creazione di adeguate banche dati e procedure di controllo informatizzate e non, per il riscontro proprio di quei presupposti soggettivi ed oggettivi fissati dalla norme istitutive di ciascun aiuto e per la prevenzione e repressione delle frodi. Le norme che disciplinano detto sistema non attribuiscono alcun potere autoritativo discrezionale di intervento all’organismo pagatore nel riconoscere o meno il beneficio in funzione di un prevalente interesse pubblico, bensì più limitatamente, il compito di organizzare ed effettuare i controlli, preventivi e successivi alla erogazione dell’aiuto, in ordine alla sussistenza dei requisiti, già fissati dalla normativa comunitaria, per la fruizione dell’aiuto.

Peraltro, è utile segnalare, a maggior conforto delle decisioni in commento ed in generale dell’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità che per ciò che attiene al procedimento di erogazione di contributi a carico dei fondi comunitari nella organizzazione dei mercati agricoli (FEOGA – Fondo Europeo Orientamento e Garanzia Agricolo) in dottrina si è sostenuto che le amministrazioni nazionali, attraverso gli organismi di intervento istituiti ad hoc (quale l’AGEA), svolgono una attività amministrativa in sostituzione degli organi comunitari (segnatamente della Commissione) di natura puramente materiale senza alcun riconoscimento di poteri autonomi di determinazione e valutazione, presentandosi l’amministrazione dello stato membro quale ufficio periferico della amministrazione comunitaria, con compiti di verifica della regolarità formale delle domande di contributo e di ausilio nel controllo. Nel settore agricolo, la Unione europea non si limita a definire gli indirizzi generali di intervento ma detta regole ben precise e dettagliate per assicurarne la realizzazione. A tale scopo l’Unione si avvale proprio degli organismi di intervento (quali AGEA) che operano nel singolo stato membro, i quali, sebbene disciplinati dalle norme nazionali per quanto riguarda la natura, la struttura e l’organizzazione, esercitano i poteri stabiliti e precisamente regolamentati in sede comunitaria, di tal ché l’amministrazione nazionale agisce come ausiliaria di quella comunitaria limitandosi a dare esecuzione a decisioni della UE, alla quale l’attività svolta è riferita. Alcune volte la autorità nazionali svolgono compiti di tipo complementare altre volte compiti di natura puramente esecutiva volte al conseguimento di un risultato determinato dal soggetto titolare del potere decisionale, potere quest’ultimo che in ogni caso appartiene alla UE.

In particolare, secondo tale dottrina, la Commissione adotta le decisioni circa i benefici da riconoscere ai soggetti appartenenti ai vari paesi membri, determinando nel dettaglio i presupposti soggettivi ed oggettivi per l’attribuzione delle provvidenze, trasferendo il potere di attuazione all’organismo di intervento, secondo una specifica previsione normativa che individua in modo chiaro e preciso l’organismo chiamato a sostituire l’amministrazione comunitaria ed i poteri (istruttori e di controllo) a questo conferiti, secondo lo schema della c.d. coamministrazione caratterizzata dalla complessità della organizzazione e dalla unitarietà funzionale.

L’amministrazione nazionale, dunque, per mezzo degli organismi di intervento, svolge un attività ben definita ed esercita poteri che sono limitati nelle modalità di svolgimento perché vincolati al perseguimento di finalità comunitarie; le scelte sostanziali sono definite a livello sovranazionale e le autorità degli stati membri si limitano a svolgere attività necessarie alla loro realizzazione, quasi sempre senza alcuna potestà discrezionale. Nella materia degli aiuti alla agricoltura, la UE ha affidato ai singoli stati, e per essi agli organismi di intervento appositamente previsti, il compito di realizzare a livello nazionale gli obiettivi comunitari, attraverso una puntuale disciplina normativa (regolamenti comunitari) che regola da un lato, la verifica delle condizioni soggettive ed oggettive per l’erogazione dell’aiuto, la definizione dell’ammontare, l’erogazione delle somme ed i relativi controlli e dall’altra regola le verifiche in sede comunitaria dell’esatta realizzazione dell’obiettivo ([3]).

Se ciò è vero, appare evidente che gli organismi pagatori nazionali non perseguono affatto un interesse pubblico particolare dello stato membro suscettibile di conflitto con l’interesse privato di talché è dato a detti organismi la potestà discrezionale di intervenire. Tali organismi appaiono evidentemente gli esecutori ed attuatori di decisioni assunte dagli organi comunitari entro limiti prefissati che non lasciano alcuna libertà di valutazione rispetto all’esercizio di un diritto pieno già attribuito al soggetto.

(1) Il principio è stato chiaramente espresso da Cort. Cost. n. 204 del 06.07.2004, in Foro it. anno 2004, parte I, col. 2594.

(2) Il principio trovasi chiaramente enucleato in Cass. Sez. Un. 20.07.2011 n. 15867 in Rep. Foro It. 2011,Giurisdizione Civile [3330], n. 181 nonché in Cass. Sez. Un. 18.07.2008 n. 19806 in Rep. Foro It. 2011,Giurisdizione Civile [3330], n. 185; Contra Cons.Stato, Sez. VI 22 maggio 2008, n. 2431, in Rep. Foro It. 2008,Unione Europea e Consiglio d’Europa [6915], n. 1856

([3]) Il tema della erogazione dei contributi comunitari e della organizzazione dei mercati agricoli come esempi di svolgimento da parte di una amministrazione nazionale di attività sostitutiva di quella delle Commissione che si concretizza in compiti materiale è ampiamente trattato da C. Franchini, Amministrazione Italiana e Amministrazione Comunitaria, Padova, 1993, p. 153 e ss.

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